«No, non mi vedono. Non vogliono. Sono brutto. Non mi odiano neppure. Voglio liberarmi da tutto questo dolore. Me ne regalo uno nuovo. Non voglio più sentire nulla. Il dolore è così forte che sento le costole bruciare. Dimenticatevi di me, vi prego. Fatemi sparire. Quale mostro ha voluto farmi vivere questo aborto che chiamo vita? Basta, per favore, andate via. Non guardatemi più. Sono brutto.»

 

Sono davvero poche le opere letterarie capaci di proiettare fisicamente ed emotivamente il lettore nel lento risucchio della depressione e Paperi non può che rientrare nel genere proprio per questa sua straordinaria capacità di scardinare i problemi che affliggono la società e riportarli violentemente sulla carta; che siano la depressione, la pedofilia, i disturbi alimentari o ancora il potere malsano in mano a chi, di certo, non usa la propria forza a vantaggio dei deboli, poco importa. La lettura di questa graphic novel è uno schiaffo: chiuso il volume – un comodissimo volume rigido – comprendente tre storie su tre paperi, un prologo scritto in prosa e una storia inedita conclusiva (ma non troppo), si rimane interdetti, la testa gira, lo stomaco è rivoltato, lo sguardo è perso. Ci si sente svuotati ma rinati allo stesso tempo. Lo shock è paragonabile a una dose di adrenalina sparata in vena: prima ti fa saltare, poi ti lascia lì, a terra, in posizione supina a chiederti "perché?". Non a caso Paperi rientra nella collana alternative Fumetti Crudi.

 

I fratelli (gemelli) Rincione, classe 1990, sono due ragazzi palermitani: Giulio è il fumettista ergo l'illustratore del volume Paperi, Marco è uno scrittore, sia autore del prologo PaperFranco che di tutti i testi della trilogia; nel corso della sua carriera Giulio, dopo aver fondato Pee Show, un collettivo artistico indipendente, ha iniziato una collaborazione con la casa editrice Shockdom, con la quale pubblica Noumeno, Paranoiæ e infine Paperi, includendo anche il fratello Marco.

 

Venerdì 11 novembre, alla Games Academy di Palermo, si è tenuto un incontro con i Rincione, durante il quale hanno presentato il volume, risposto alle domande e scritto dediche. Quando inizia la presentazione i ragazzi raccontano brevemente la storia dell’opera: le vicende dei paperi sono nate grazie al grande successo avuto sui social, quando Giulio ha iniziato a pubblicare qualche tavola; l'entusiasmo si è subito trasformato nelle tre pubblicazioni separate delle tre trame, in seguito unite nel compendium cartonato protagonista della conferenza: il prodotto finale.

 

Siamo in una Paperopoli degna di Pirandello e Orwell, abitata da tante maschere di paperi-attori al comando di un Terzo Reich gestito dai topi. Una realtà misogina in cui le donne sono escluse dal mondo del cinema, in cui gli altri animali sono immigrati [divertitevi a trovare Calimero ndr], un mondo in cui si mangiano bambini.

 

La trilogia si apre con PaperFranco, un inquietante fantasma del buono e paffutello Ciccio disneyano, un individuo mastodontico continuamente rimpinzato dalla madre, la cara Nonna Papera – anche lei angosciante e morbosa figura ben lontana dall'originale – un individuo inetto [se mi si passate il termine ndr] che pensa solo a mangiare e a guardare film. PaperFranco e la mamma diventano l'emblema di un atroce complesso di Edipo portato all'estremo.

 

È bello sperimentare le inquietudini leggendo, quindi si passa al primo vero capitolo della trilogia: PaperUgo. Depressione, devastazione interiore, autocommiserazione. Rinnegato, isolato, non amato, distrutto. «Paperi nasce per chi vuole provare dolore» dichiara subito Giulio e PaperUgo è tutto questo: puro e semplice dolore. Vuole solo sparire, dissolversi nel nulla, togliersi per sempre la maschera che è costretto ad indossare per sopravvivere nella società dittatoriale in cui vive e, semplicemente, morire. Nessuno lo vede, prova pietà per se stesso. Si rischia di cadere nello spoiler perché ci troviamo di fronte a una lettura che coinvolge totalmente, da cui è difficile distaccarsi: andiamo avanti.

 

Il personaggio che più di tutti lascia davvero senza fiato è PaperPaolo. Dimenticatevi del simpatico Paperino imbranato, dimenticatevene proprio: un pedofilo. I Rincione hanno fatto diventare Paperino un pedofilo attraversato dai più osceni pensieri, irrefrenabile nel voler soddisfare i suoi più macabri desideri. Un Paperino che eiacula, just sayin'.

 

One$ è il capitolo conclusivo, prima della storia inedita finale, e qui il protagonista è Zio Paperone in veste di uno straricco [ma va? ndr] papero schiavo dei topi, con i quali ha stipulato un contratto. Uno Zio Paperone più simile a uno Smaug di tolkeniana memoria. Potere e soldi rendono One$ il traditore dei paperi perché lui è il burattino dei topi: tiene a bada la specie dei pennuti con un apparente potere, quando in realtà è un Giuda che ha messo da parte la famiglia per ottenere denaro e una gloria solo di facciata. Un Giuda che si pente e che subito viene punito per ciò. Amaro in bocca degno di Black Mirror. Non mi soffermo sull'epilogo, Nel Nome del Papero, una catarsi distruttiva: il paradosso di come una purificazione possa essere anche, e soprattutto, negativa.

 

Paperi è un'opera che va letta tutta d'un fiato e poi riletta con cognizione di causa perché svuota ma, in un certo senso, fa aprire gli occhi su realtà spesso ignorate e il mondo Disney è il veicolo migliore per trasmettere certi messaggi: i personaggi con i quali siamo cresciuti diventano mostri per i quali comunque si continua a provare una forte empatia. Ed ecco che il lavoro dei Rincione ha davvero un senso: un pugno allo stomaco che rivolta ma che dà fiducia perché, nonostante tutto, mette in evidenza il nostro lato umano. La luce viene messa in evidenza dal buio.

 

Clara Mapelli