Durante le ultime due settimane al Teatro della Luna di Assago (MI) è stata messa in scena più volte la versione italiana del musical di American Idiot, dopo il grande successo dell’originale che ha conquistato Broadway nel 2010. Partendo dalla musica del famosissimo omonimo concept album dei Green Day, pubblicato nel 2004, il libretto è stato scritto da Billie Joe Armstrong (frontman della band) e Michael Mayer (regista), con l’aggiunta anche di alcuni brani dell’album seguente, 21st Century Breakdown (in particolare Last Of The American Girls, Last Night On Earth, Before The Lobotomy, Know Your Enemy e 21 Guns), di alcune b-side (Favorite Son, Too Much Too Soon) e dell’inedito “When It’s Time”.


Sabato 4 febbraio ho avuto la fortuna di assistere a una delle rappresentazioni della versione italiana presso il Teatro della Luna, prodotta dalla Scuola del Teatro Musicale (STM) di Novara insieme alla Fondazione Teatro Coccia Onlus e Reverse Agency e con la regia di Marco Iacomelli. Ottimo lavoro da parte del cast, della band e del cast creativo. I ragazzi sul palco sono stati davvero bravissimi e ho apprezzato molto sia le coreografie che il modo in cui sono state proposte e interpretate le canzoni. I quattro musicisti, Riccardo Di Paola (direzione e tastiere), Roberta Raschellà (chitarre), Orazio Nicoletti (basso) e Marco Parenti (batteria), erano situati in altrettanti punti diversi del palco, distanti fra loro e ciò ha donato in qualche modo una sorta di coerenza alla scenografia, la quale riusciva a regalare un’atmosfera “dark” che sembrava trasportare nei vicoli più nascosti, bui e pericolosi di una grande città.

Lo spettacolo inizia con tutte le luci spente e solo un televisore acceso calato dall’alto, nel quale si può osservare un telegiornale che trasmette la notizia dell’attentato alle Torri Gemelle del 11 settembre 2001; poco dopo compaiono anche altri apparecchi con pubblicità e programmi vari. L’atmosfera è poi trasformata dall’esplosività del brano di apertura, American Idiot, accompagnato dagli effetti luminosi che saranno di una certa rilevanza nel corso di tutta la rappresentazione.

Consiglio di cercare su Youtube il canale ufficiale del cast italiano (American Idiot – Italia) per vedere e ascoltare le loro versioni di alcuni dei brani presenti nello spettacolo, e il sito ufficiale (www.americanidiot.it) per poter conoscere meglio il cast. 

Parlando della trama, invece, questa segue le linee guida che erano già presenti nell’album con l’aggiunta di altri personaggi che si integrano bene nella storia senza rischiare di compromettere il significato dell’opera. Ho trovato utile il fatto di essere andata a teatro conoscendola già molto bene, perché da quello che ho potuto vedere gli avvenimenti succedono un po’ troppo velocemente per essere compresi anche da chi aveva preferito “evitare gli spoiler”. Ho deciso allora di raccontare brevemente qui di seguito quello che succede durante lo spettacolo:  Johnny (Ivan Iannacci), Tunny (Renato Crudo) e Will (Luca Gaudiano) sono tre amici che si sono stufati della loro noiosa vita in un piccolo paesino di provincia e decidono quindi di partire, chitarre in spalla, per raggiungere la città e provare a coronare i propri sogni.

“Purtroppo” per Will però, la sua ragazza (Heather – Angela Pascucci) gli rivela di essere incinta e deciderà quindi di rimanere a casa. Una volta raggiunta la meta anche le strade degli altri due giovani si dividono, dato che Tunny viene conquistato da uno spot televisivo per l’arruolamento nell’esercito. Così Johnny rimane da solo… “solo” si fa per dire, perché dopo non molto fa il suo ingresso Jimmy (Mario Ortiz), il suo alter-ego ribelle, per fargli compagnia, fargli provare per la prima volta una droga pesante (l’eroina) e portarlo in un abisso dal quale solo un altro personaggio vuole provare a salvarlo: Whatsername (Natascia Fonzetti), una ragazza di cui si è innamorato. Sfortunatamente per Johhny però è Jimmy ad averla vinta inizialmente e quando si ricrede è ormai troppo tardi perché la sua amata se ne è già andata per sempre.

Nel frattempo nasce il figlio di Will, ma le cose iniziano ad andare sempre peggio anche per lui e alle fine Heather se ne va portando con sé il bambino; Tunny, invece, viene colpito a una gamba in battaglia e portato in ospedale. Quando finalmente Johnny riesce a liberarsi del suo alter-ego, decide di tornare a casa perché ne ha abbastanza della sua vita in città. Arrivato nel suo paese di origine si ritrova con i suoi amici a quello che sembra il punto di partenza della storia. Ma non è così, perché anche se le cose tendono a ripetersi e sembra di vivere in circolo, in realtà tutti questi avvenimenti li hanno trasformati e, anche se le cose non sono andate come volevano, sono cresciuti; perché la vita non è un cerchio, ma una spirale e quando torniamo al punto di partenza in realtà siamo un pochino più grandi e un pochino più in alto.
 

Da fan voglio dire che mi ha sempre fatto bene ascoltare questo disco e la rappresentazione teatrale ne è una degna reinterpretazione. Ammetto inoltre che anche il mio commento finale sarà forse un po’ troppo influenzato da quello che significa per me questa band, ma non ci vedo niente di male nello scriverlo. 

 
Dopo la conclusione dello spettacolo tutto il cast è tornato sul palco, tutti muniti di chitarra, per cantare un altro grande successo della band californiana: Good Riddance (Time Of Your Life), canzone presente nell’album del 1997 “Nimrod”. Anche il testo di questo brano, infatti, vuole ricordare che bisogna sapere accettare tutto quello che ci succede, perché alla fine è giusto e sono queste le cose che fanno di noi ciò che siamo: “It's something unpredictable, but in the end is right, I hope you had the time of your life”.

 

Alice Caperdoni