Evocativo ed introspettivo: ecco i primi due aggettivi ispirati dall'ascolto di Genuflection, prima fatica di Leon Seti.

 

Una confluenza di elettronica, pop, ambient e a tratti quasi dance, dai primissimi secondi questo album si discosta da quella forma di canzone che ci si aspetterebbe da un album “pop”.

 

Infatti, sperimentazione è una delle parole d'ordine di questo lavoro, che si diverte a spaziare tra suoni diversissimi tra loro.

 

Così queste canzoni vanno a creare una raccolta eterogenea, che è al tempo stesso la forza e la (piccola) debolezza dell'album, poiché in certi punti esso sembra non reggere il proprio peso, con pezzi portati avanti senza una meta ben precisa.

 

Detto questo, possiamo definire l'esordio di Leon Seti una prova più che incoraggiante: spiccano pezzi come Somebody Looked For You e 6, mentre Genuflection e Call of the Wind si fanno notare per le interessanti scelte stilistiche e sonore e l’elaborato intreccio di voci; anche se il picco dell'album viene raggiunto con Apathy, che si apre con un soffice tappeto di eterei synth che potrebbero rappresentare, in futuro, un ottimo punto da cui ricominciare per i prossimi lavori di questo promettentissimo e giovanissimo artista.

 

Inoltre la linea melodica, sorretta da una voce calda e suadente, non è mai banale, mentre i pattern delle percussioni suggeriscono un background molto vasto alle spalle di Leon, che si giostra tra beat molto minimal e brevi incursioni di sporche percussioni, senza mai però spingere il piede sull'acceleratore: scelta stilistica in linea con il mood dell'album, nonostante in qualche traccia un cambio di passo non avrebbe intaccato il già citato tono sommesso (inteso nella sua accezione positiva) e introspettivo.

 

In sintesi, Leon Seti è a tutti gli effetti un artista da tenere d'occhio, che deve solo capire dove vuole arrivare e come, dato che possiede tutti i mezzi per andare davvero dove vuole.

 

Daniele Bianchi.