Sign of the Times è il nome dell’originale mostra digitale organizzata da quattro giovani studentesse della Glasgow University (UK). Jacopo Bucciantini e Gabriele Maccauro hanno intervistato Rose Berry, Bianca Callegaro, Belen De Bacco e Luna Silvestri attraverso la piattaforma di streaming Twitch, parlando del progetto, nonché esplorando anche la loro personale concezione di arte e del mondo dell’arte.

In quanto membri dell’associazione studentesca ‘‘Art Appreciation Society’’ dell’Università di Glasgow, spiega Luna Silvestri, ogni anno viene organizzata una mostra d’arte, che però stavolta, a causa dell’emergenza sanitaria, non è stato possibile preparare, almeno nella forma tradizionale. Le giovanissime curatrici si sono trovate, al tempo, distanti l’una dall’altra, tra l’Italia e gli Stati Uniti e, nonostante ciò, la voglia di darsi da fare non si è dispersa tra i continenti. Piuttosto, proprio grazie a questa particolare situazione è nata l’idea di traslare l’esposizione convenzionale in una piattaforma digitale che potesse ugualmente consentire – e, come si vedrà, facilitare – la fruizione per tutti.

Una delle più grandi sfide che le curatrici hanno dovuto affrontare nella digitalizzazione della mostra è stata, per l’appunto, quella di riuscire a riprodurre l’effetto dell’incontro fisico tra l’opera d’arte e lo spettatore, anche attraverso lo schermo di dispositivi elettronici. Per venire a capo di questo problema, è stata creata appositamente una stanza 3D in cui il visitatore avesse la possibilità di girare liberamente, approcciarsi alle singole opere e persino ascoltarne la descrizione, avvicinandosi così il più possibile all’esperienza fisica. L’audioguida e la tridimensionalità della stanza, secondo Bianca Callegaro, hanno giocato un ruolo fondamentale, incentivando la persona che avesse fatto accesso al sito web della mostra, a non limitarsi a guardare semplicemente una foto, coinvolgendola in un vero e proprio percorso in cui giocassero visione ed ascolto.

Se da un lato, naturalmente si è perso il contatto diretto con l’arte, che è insostituibile, dall’altro, in linea di massima, sono aumentati i visitatori digitali: sono state oltre settecento le persone che hanno fatto esperienza virtuale della mostra, cioè un quantitativo estremamente maggiore rispetto a quello che avrebbe potuto produrre una mostra localizzata a Glasgow, senza contare che le quattro curatrici, proprio in virtù di questa iniziativa a distanza, hanno potuto integrare, all’interno della mostra, artisti ed artiste provenienti da diverse parti del mondo, come nel caso della fotografa coreana Hyesung Im, intervistata da Rose Berry.

Hyesung Im è una artista che Rose Berry ha conosciuto personalmente proprio attraverso l’attività universitaria e che ha proposto foto dell’Islanda. Si tratta di scatti che, dice Rose Berry, hanno l’effetto di far riflettere l’osservatore intorno alla piccolezza dell’essere umano, se rapportato alla natura indomita. Hyesung Im ha anche proposto foto che appartengono alla casa di sua nonna in Korea, che esplorano il concetto di memoria, legato a quello della perdita dell’armonia stessa. Il filo conduttore di Sign of the Times, non a caso, è rappresentato da tre tematiche: il tempo, l’ambiente ed il Covid. Sophie Stewart, fotografa anch’essa intervistata da Rose Berry, ha esplorato, con sfumature ermetiche, la situazione che stiamo vivendo, ritraendo il suo fidanzato sopraffatto da sentimenti che paiono opprimenti e soffocanti.

Anche Nicole Mattia, studentessa del NABA di Milano, intervistata invece da Belen De Bacco, ha trattato il tema pandemico, attraverso, tuttavia, il filtro del contatto fisico. In tempi “normali”, il contatto è espressione d’amore, di affetto, ma adesso amare ed avere cura del prossimo significa invece essere disposti a mantenere le distanze. È per questo che le fotografie di Nicole Mattia rimandano sovente alla classicità, in particolare alla scultura: sono partecipi di plasticità e di un nostalgico senso di allontanamento. Lo stesso vale per Alberto Emilio Durante, secondo intervistato di Belen De Bacco, che si lega all’arte classica in quanto le sue foto ritraggono proprio una scultura. Durante è un appassionato di mitologia e, più in generale, di antichità, perciò egli esplora questi temi attraverso i suoi lavori: si potrebbe dire che analizza il passato secondo una prospettiva simbolica ed eterogenea.

Bianca Callegaro ha avuto, invece, l’opportunità di intervistare Marta Roncalli e Chrisilia Philiastides. La prima ritrae nelle sue fotografie – scattate con una fotocamera analogica di cui ha scoperto la magia durante il primo lockdown – il proprio rapporto con la natura, il senso di pace e di calma che essa le dona. Gli scatti analogici inoltre rendono perfettamente l’idea dell’effimerità dell’esistenza, in quanto è necessario ponderare con estrema attenzione ogni scatto e dunque ogni momento ritratto.

Il lavoro di Philiastides, commenta Bianca Callegaro, davvero incarna tutte le sensazioni avute nel corso dell’anno passato. Si tratta dell’unico dipinto ad olio della mostra, emblematicamente inserito all’interno della stanza digitale, all’ingresso dell’esposizione, accanto ad una foto di the Mo, artista digitale intervistata da Luna Silvestri, in occasione della mostra. The Mo si è cimentata con la fotografia, tentando di ritrarre quel fenomeno per cui, durante la pandemia, lo spazio interno in cui le persone si rifugiano, può diventare assai comprimente creando un forte disordine psicologico. La sua esperienza personale si è riflessa largamente nei suoi lavori, come l’artista stessa ha commentato. Troy Holt, invece, secondo e ultimo artista intervistato da Luna Silvestri, indaga il tema dell’ambiente. Ciò che è davvero significativo del suo approccio, afferma Luna Silvestri, è la sua capacità nell’agguantare la fragilità della natura, rappresentata nelle sue fotografie in un momento in cui pare stia per divenire apocalittica. Di fatto, il suo lavoro verte attorno ai cambiamenti climatici ed al senso di ansia che si può collegare ad essi.

La mostra Sign of the Times non è l’unica iniziativa partorita da questo periodo difficile: ArtGate Blog, spiega Bianca Callegaro, è un altro progetto nato in piena pandemia. A causa della sospensione delle attività accademiche Bianca Callegaro, Luna Silvestri e Belen De Bacco si sono ritrovate con molto tempo libero a disposizione ed è per questo che hanno deciso di investire la propria creatività scrivendo dei brevi articoli da pubblicare, dapprima nei social media e, successivamente, in un sito web. L’iniziativa ha raggiunto in poco tempo un notevole livello di interesse, sia per quanto riguarda la lettura degli articoli, sia per quanto riguarda la partecipazione attiva e la discussione, raggiungendo così l’obbiettivo del blog stesso, ovvero fare in modo che quante più persone si attivino in favore dell’arte. L’inclusività è uno dei punti di forza del blog, secondo Luna Silvestri, poiché non essendo direzionato verso un target artistico specifico, non presenta dei tipi o dei canoni da rispettare che potrebbero rivelarsi limitanti: chiunque può partecipare comunicando liberamente ciò che pensa senza essere condizionato da alcun tipo di gerarchia. In altre parole, fintantoché qualcosa è interessante e originale, il progetto è totalmente aperto.

Questo, in sintesi, è lo spirito di Sign of the Times, di ArtGate Blog e, più in generale, l’obbiettivo delle quattro curatrici intervistate: creare una piattaforma in cui l’espressione della creatività e la fruizione artistica siano possibili a chiunque voglia, dovunque ed in qualunque momento, con uno sguardo oculato rivolto al futuro.

Giada Franzoni