Dopo il suo primo EP dal titolo "The Waste Land" del 2017, Francie - alias di Francesca Raffagnino - rilascia “Aiora”, il nuovo singolo in uscita il 12 di luglio in tutti gli store digitali. “Aiora” fa parte del secondo EP di Francie, che uscirà entro la fine del 2019 e conterrà sei brani sia in lingua inglese che italiana. Di questo secondo progetto sono usciti già due singoli: "Your Way" a novembre 2018 e "Losers Gonna Be Winners" a gennaio 2019. "Aiora" è il terzo e ultimo singolo estratto. 

Jacopo Bucciantini affronta le tematiche dell'opera direttamente con l’autrice.

Partiamo da una considerazione stilistica necessaria alla comprensione del brano: il titolo. Ascoltando la canzone ci si rende conto che il vocabolo in questione non è presente nel testo, indi è possibile pensare che esso descriva il senso stesso del componimento, accostandolo alle feste rituali greco-antiche dette “Alteidi” – o, appunto, “Aiora” – durante le quali, tra le altre cose, il canto ricopriva un ruolo fondamentale. Perché dunque questa scelta? E come si ricollega essa con i versi?

La scelta di questo titolo è dovuta alla mia personale esigenza di associare al contenuto del brano un'immagine esatta, che potesse riprodurne simbolicamente il senso; dunque non poteva ricadere se non su un rito, proprio per la sua caratteristica capacità di sintesi dei vari aspetti della vita e del reale. L'aiora è un'antica festa ateniese dagli aspetti misteriosi, di cui sappiamo ben poco; ho trovato diverse interpretazioni a riguardo, ma il filo conduttore di tutti questi studi è il motivo del passaggio. Passaggio dall'infanzia all'età adulta, passaggio propiziatorio dalla morte alla rinascita, dall'inverno alla primavera... In questo nuovo progetto, di cui “Aiora” è il brano "manifesto", ho voluto "cantare" di presa di coscienza, di caduta dei miti personali per approdare a nuovi, di delusioni che portano a nuove illusioni, dunque in sintesi di crescita e di cambiamento. E l'idea di pescare dal mondo classico, da qualcosa che sa di remoto ma allo stesso tempo è in grado di comunicare qualcosa a me, nata molto tempo dopo, mi affascinava e mi affascina tuttora. Tutto l'EP è una ricerca a ritroso sia dal punto di vista estetico (ad esempio le copertine dei singoli "Aiora" e "Your Way" si ispirano al neoclassicismo vittoriano), sonoro che di contenuti; questo per la mia tendenza a idealizzare e mitizzare il passato quando mi scontro con certi aspetti della modernità che mi fanno storcere il naso. Provo nostalgia per quel senso di condivisione comunitaria delle fasi dell'esistenza che è presente nei riti; è una dimensione che manca secondo me in una società che tende sempre di più a scomporsi in tanti atomi separati e a vivere individualmente e in solitudine lo scontro con il reale. 

Musicalmente, la composizione si regge sull’intreccio di strumenti acustici ed elettronici: si odono delle percussioni digitali, dei synth pad, nonché degli arpeggi eseguiti con la chitarra acustica e delle armonie di voce. Da cosa nasce questo tipo di arrangiamento? Sono disposizioni puramente estetiche – possibilità lecitissima data l’importanza dell’Estetica ndr – oppure ruotano esse attorno a concezioni aprioristiche di natura differente?

L'arrangiamento in parte acustico e in parte elettronico è in linea di continuità con il primo EP "The Waste Land"; le percussioni digitali e i synth pad amalgamano la materia acustica viva, che dà un tocco di vero, realistico, grezzo che mi piace molto e che engo a mantenere. L'elemento di differenza con il progetto precedente è la riduzione all'osso del numero degli strumenti utilizzati; sia per sperimentare qualcosa di nuovo, sia per motivi contenutistici (che richiedono toni più intimi e meno epici), ho voluto provare a costruire dei brani che potessero stare in piedi con pochissimi elementi essenziali. E ricollegandomi al discorso sulla ricerca a ritroso nel tempo, credo di essere stata influenzata, oltre che dalle nuove uscite a cui guardo costantemente (per citare alcuni artisti Lana Del Rey, Lorde, Bishop Briggs), dalla musica classica, come i componimenti di Debussy oppure quelli in cui sono presenti strumenti delicati come il flauto, l'arpa e il mandolino, che danno luogo a delle atmosfere raffinate e bucoliche, che molto si accostano al mio sentire in questo determinato momento della mia vita.

Il testo del brano – sicuramente evocativo quanto criptico – rimanda ad una molteplicità di piani teoretici – quello del reale, quello del sensibile, quello dell’immaginario e via dicendo – che tuttavia sembrano rivelare un certo pessimismo titanico, per dirla con Leopardi, ovvero una particolare necessità di perseguire un obiettivo che si scontra con la disillusione conseguente a momenti difficili o ad errori personali. Sotto l’influenza di quale stato d’animo o sotto quale tipo di ispirazione sono state scritte le parole in questione?

Sono onorata del riferimento a Leopardi; essendo appassionata di letteratura è un autore che amo profondamente. Il tema della disillusione è fondamentale e ho scelto di affrontarlo perché mi affascina sotto due aspetti: primo perché rappresenta un momento inevitabile, che può portare ad una presa di coscienza interiore importante, secondo perché è segno di una postazione dialettica con la realtà. Solo chi ha idee può rimanere deluso. Ritengo che sia molto importante vivere criticamente il rapporto con le cose, non smettere mai di interrogarsi. In aggiunta c'è anche un lato biografico: compiere vent'anni per me ha significato affrontare un non facilissimo periodo in cui ho visto i miei sogni ed ideali, abbastanza solidi durante l'infanzia e l'adolescenza, vacillare e in cui ero fortemente indecisa se mollarli e arrendermi o continuare a sostenerli con determinazione. In sintesi, il brano si apre con una caduta, come hai sottolineato benissimo un pessimismo titanico, che con le strofe finali sembra però aprirsi ad una luce di speranza. L'EP infatti è tutto un gioco di momenti in cui credo di avere in mano la chiave per affrontare le cose e momenti in cui essa mi sfugge, momenti di forte sicurezza e momenti di forte incertezza e debolezza; un elemento non di contraddizione, ma, credo, realistico.

L’ultima strofa del brano pare richiamare Baudelaire, e più specificamente la poesia “L’albatros” nella quale è presente una metafora atta a sostenere che un artista o comunque un individuo partecipe di straordinaria sensibilità – similmente al senso della Caverna di Platone per quanto riguarda i filosofi – non viene compreso dagli altri individui dacché la sua prospettiva è ben più estesa di quella comune. Quanto è cogente questa considerazione con le parole di “Aiora” o comunque con la produzione musicale di cui essa fa parte nella sua totalità? Ti rispecchi in questa visione “maledetta” dell’artista?

 Il richiamo a “L’albatros" è giusto e voluto; adoro le poesie di Baudelaire. Mi ricordo che quando lessi questo testo la prima volta mi colpì molto, dritto come un dardo nella mia coscienza. Inoltre, si collegava benissimo al motivo della delusione perché quando si esce sconfitti dallo scontro con le circostanze si tende a chiuderci in noi stessi e a pensare che il mondo esterno non faccia per noi e che solo in quello plasmato dalla nostra immaginazione si possa essere pienamente felici. Dunque, mi rispecchio molto in questa visione maledetta, anche perché sono in fondo uno spirito romantico, sia per la focosità con cui sostengo le mie idee, che sono anche disposta a discutere ovviamente, sia per l'impostazione un po' sognante, sia per quella mia tendenza a "conferire al comune un senso più elevato", come affermò Novalis. Non mi rispecchio molto nell'immagine di artista, nel senso non convenzionale del termine, perché credo sia qualcosa che si può verificare solo a posteriori; se quello che scrivo un giorno avrà un effetto sulle persone allora, oltre a sentirmi incredibilmente felice e soddisfatta, mi sentirò un po' più a mio agio con quella parola.

Finiamo in leggerezza. C’è qualche aneddoto che ti piacerebbe raccontare a chi sta leggendo l’intervista, relativo alla tua esperienza musicale o personale, che può ricollegarsi alla nascita di “Aiora”?

Sì. Ho scritto il brano immediatamente dopo aver sostenuto il mio ultimo esame prima della laurea triennale in lettere moderne. Era un periodo un po' pieno d'ansie non solo perché mi stavo avvicinando ad un traguardo davvero importante per la mia formazione e la mia passione, ma anche perché era da un po' che non trovavo il tempo di sedermi, rilassarmi e lasciarmi trasportare completamente dalla scrittura. Non appena ho avuto modo di farlo, è nata in pochissimi minuti, come se aspettassi da tempo di comporla, “Aiora”. 

Ascolta "Aiora" in anteprima: